Il mio matrimonio handmade

 

ma anche Low Cost!

a cura di Giusy Celestini,

la mia poetica “stellabuona”

a cui do il mio più sentito bentornato in questa nuvola

che ti sia culla e ristoro

e parentesi garantita, scanzonata e lieve!

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Ok, iniziamo pure a giustificare l’assenza considerevole con una foto che ne esplica ogni spiegazione: mi sono sposata! Sono stati mesi confusi, colmi, difficili ma belli.

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Posso dire che l’evento matrimonio mi ha completamente fagocitata come mai avrei immaginato? L’ho detto. E ciò accade in primis perché io non ho esattamente l’animo di una “festaiola”, diciamo. O meglio, non sono una avvezza all’autocelebrazione (ostentata o dimessa che sia) e al sentirsi a proprio agio in un contesto nel quale gli occhi sono tutti puntati su di me (perché, non me ne voglia mio marito, al secolo Uomo con la barba, ma si sa che ad eventi simili l’attenzione è tutta concentrata sulla sposa). Insomma, quando si è deciso questo passo, il mio progetto era quello di infilarmi un abito a caso (tra l’altro uno bianco comprato a Londra fa bella mostra di sé nel mio armadio da parecchio tempo, e GUARDA IL CASO, pensavo proprio a lui), prendere sotto braccio l’Uomo con la barba, andare in comune con i reciproci testimoni e … fine. E invece no, PROPRIO NO, niente di tutto questo era nei pensieri del mio allora futuro sposo, che appunto sentenziò “Ma perché, invece, non lo festeggiamo per bene?”. Il “festeggiamo per bene” non era neppure lontanamente nei miei più lontani desideri, quindi ho avuto bisogno di giorni interminabili di gestazione (manco mi avessero condannata al patibolo) per arrivare poi alla conclusione che sì, si poteva fare. Uno tra i timori ricorrenti, quando pensavo ai matrimoni in generale, è il fatto di entrare in tutto quel circuito strano di inadeguatezza acuta che ti divora e non ti fa respirare. Per cui mi sono detta “Ok, Giusy. Si festeggia, va bene, ma a modo tuo”. Rassicuro tutte le future spose con un cinismo che mi appartiene di rado, e vi dico che non sarete MAI esonerate del tutto dal sentirvi in una boccia per i pesci rossi, non vi sarà MAI risparmiata la sensazione che le cose vi stiano sfuggendo di mano, non potrete esser MAI salve dalla sensazione netta e crescente che non ce la possiate fare. Che sia il matrimonio stabilito in tutto e per tutto dai vostri gusti e dalle vostre tendenze o che sia nel massimo della tradizione, sarà comunque una fatica immane realizzarlo. Si sappia. E il contorno, costituito da amici preziosi e cari parenti, improvvisamente diventerà un dolcissimo peso del quale vorreste sbarazzarvi al più presto (e lo penserete almeno tre volte al giorno nelle prime due settimane di organizzazione). Perché se è vero che ci si è messi in testa di fare tutto per bene malgrado non se ne avesse la benché minima intenzione, nella fase attiva le opinioni che tutti riterranno opportuno rendervi note, serviranno a mettervi maggiormente in confusione. Le più comuni nel mio caso sono state:

“Adesso, quindi, mi raccomando! NON TAGLIARE i capelli, eh? Lasciali così. Anzi, se crescono ancora un po’ è anche meglio!”

“Taglia, eh? Taglia i capelli, per favore, ché tu hai TROPPA personalità per girare come noi comuni mortali con i capelli lunghi! Per favore, non ti omologare e TAGLIA!!!”

“Lascia i capelli così come ce li hai ma fatti una BEEELLA acconciatura. Uno chignon, ecco. Un bello chignon!”

  “L’abito bianco NO, Giusy! Proprio no!”

“Hai scelto già l’abito? Non dirmi che lo compri colorato, per favore! Una sposa che si rispetti lo deve avere BIANCO! Non fare questa caduta di stile, eh?”

“Non preoccuparti per l’abito, mia cara! Ti presto volentieri il mio. Lungo, di taffetà bianco, con una coda di cinque metri e un corpetto tutto tempestato di Swarovski. Ci starai un amore!”

“Le scarpe comprale in quel negozio al centro di cui ti parlai. Con meno di MILLE EURO te ne porti a casa un paio DA SOGNO!”

“L’abito te lo faccio io, che sono una sarta del vintage piuttosto nota. Con sole SETTECENTO EURO di manodopera, stoffa esclusa, avrai un abito da prima pagina!”.

 

E potrei andare avanti per ore, perché di consigli, informazioni, ragguagli e quant’altro, ne ho sentiti a tonnellate. Trascorsa la lecita confusione e le emicranie di ordinanza, ho stabilito che il mio doveva essere un matrimonio che mi rappresentasse, che parlasse di me, che riconducesse a me (e al mio sposo, s’intende). Così ho pensato di razionalizzare e scremare fino all’osso le preziose indicazioni di chi mi vuole bene, decidendo con attenzione e cura ogni cosa, tenendo bene a vista le spese (no, non sono una fan dei matrimoni principeschi con trecentoquaranta invitati e reni messi in pegno per fronteggiare le spese). Quindi, come si realizza un matrimonio che possa definirsi lowcost? Tenuto conto del fatto che ci saranno spese inevitabili e d’obbligo e altre impreviste, da quella che è la mia personale esperienza posso dire che sì, si può riuscire a realizzare un progetto in genere incasellato in qualcosa di iper dispendioso senza esserne vittime e riducendo i costi all’indispensabile, che non fa rima con micragnoso e mediocre, ecco. Ma bisogna andare per ordine, pianificare tutto con grande cura ed avere soprattutto una sconfinata fantasia (e in quello, per fortuna, sono piuttosto bravina ;) ). Diamo il via, dunque, a consigli pratici, essenziali e per niente complicati affinché il giorno più bello della vostra vita possa essere organizzato al meglio senza intaccare troppo le incerte economie che oggi (ahinoi) sono tanto in voga.

 

 

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Si è iniziato con la lista degli invitati, ed è stata la parte più difficile da sbrigare. Perché? Perché mi sarebbe piaciuto fossero presenti TUTTI, lattaio compreso (e non bevo latte da dieci anni), ma occorreva fare una stretta cernita. Con sommo rammarico (parlo della mia parte di invitati) ho lasciato a casa diverse persone che avrei invece voluto ci fossero. Ma una volta spiegate le necessità, chi ti ama capisce sempre. Sempre! Senza musi lunghi e battutine sarcastiche (mettete allo spiedo chi lo fa, questo è un consiglio). Deciso il numero di partecipanti (eravamo poco più di trenta in tutto), abbiamo scelto come location per il banchetto di nozze (se così vogliamo chiamarlo) il locale di due affettuosissimi amici, a me molto caro per via di lunghe e deliziose serate trascorse con loro e tanti affezionati a me vicini. Si trova a Trastevere, rione storico di Roma e parte preponderante delle mie origini da romana d.o.c. ed è il famoso Giardino dei ciliegi, che evoca le emozioni del famoso testo omonimo di Checov (non a caso loro sono amici stretti dell’IMMENSA Valentina Cortese che, a teatro, ne portò una versione meravigliosa ed emozionante).

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Si trovava, è il caso di dire (in realtà) perché i miei amici, dopo oltre trent’anni di onoratissimo lavoro e di dedizione assoluta per questo loro gioiello, hanno deciso di concludere la loro avventura e di dedicarsi alla gioia che un risultato così indiscusso e clamorosamente bello lascia nel cuore e nell’animo per sempre. Il mio evento è stato l’ultimo, e già questo è stato uno tra i doni più belli che il Giardino potesse farmi. Un po’ come nell’opera di Anton Checov, il Giardino è stato venduto e di lui non si avrà più traccia (i nuovi acquirenti ne hanno cambiato immagine e connotati). Ma io non potrò mai dimenticare gli straordinari tè (oltre 160 specialità da tutto il mondo), le chiacchiere belle, i dolci di altissima pasticceria, i sorrisi e gli abbracci stretti e affettuosi di due persone che hanno reso la città un posto raffinato e poetico nel quale vivere.

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In questo luogo di straordinaria bellezza, si è stabilito di offrire ai nostri ospiti una cena in piedi informale, molto friendly e poco convenzionale, con tutto ciò che Paolo, meraviglioso padrone di casa, ha la capacità di preparare.

 

In sintesi: se si vuole andare sul sicuro e garantirsi un banchetto di altissima qualità, è bene scegliere un posto che si conosce per esperienza o del quale ci fidiamo ciecamente perché conosciamo, come nel mio caso, i proprietari. A parte il prezzo eventualmente “di favore” che potreste ottenere, sarete certi di fare una bellissima figura.

 

 

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Stabilito, appunto, il numero di invitati, arriva il momento di renderglielo noto in maniera ufficiale. E come? Con le patecipazioni, è chiaro! Qui io ho optato per una scelta consona al mio modo di essere e ad un’esigenza molto forte che ho sentito bussare alla mia porta e che ho dovuto assolutamente assecondare (e che ritroverete più avanti, vi avverto di già): quella di realizzarle da sola. Non si è trattato affatto di economia razionalizzata, seppur (conti alla mano) è decisamente meno dispendioso mettersi lì e fare le cosine da sé piuttosto che comprarle belle e pronte. È stato proprio un desiderio sfrenato e irremovibile di rendermi partecipe in prima persona e suggellare un evento personale e intimo con qualcosa che fosse davvero mio. Così, dopo diverse riflessioni, ho realizzato le mie partecipazioni di nozze.

 

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L’unica cosa che ho dovuto delegare ad una tipografia (ne ho scelta una online) è stata la parte dedicata alle parole. Il mio è stato un matrimonio organizzato in un tempo che definire lampo sarebbe poco, e malgrado avessi timbri con un font meraviglioso e rétro, non sono riuscita ad occuparmene io. Ma l’effetto alla fine è stato quello desiderato e questo origami ha piacevolmente conquistato tutti i nostri invitati, con mia somma gioia (mi sono divertita DA MORIRE a realizzarle!).

 

 

In sintesi: cartoncino, nastrini e creatività possono moltissimo. Questo è il modo che ho scelto io per crearle ma ognuno può adottarne uno proprio e sbizzarrirsi con la fantasia. Le combinazioni sono molteplici. Siate audaci e non pensate mai di non esserne all’altezza.

la seconda puntata di questo splendido matrimonio D.I.Y. continua…!

n.d.r.

 

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