a volte ritornano…

 

a cura di Giusy Celestini

a cui auguro tutto il meglio che desidera

e di saper splendere così forte, nonostante tante nuvolacce!

Sara

 

 

Settembre per me è uno di quei mesi in cui tutto sembra essere realizzabile con una facilità che a tratti sconcerta (capace di farmi sentire una scemina, ogni volta, per gli sbattimenti malefici che spesso hanno la meglio su di me in altri contesti) e mi riempie di entusiasmo e preziose ispirazioni. Non c’è nulla da fare, a me “i mesi con la erre”, gli stessi nei quali non si dovrebbe mai prendere la tintarella (per intenderci), fanno decisamente impazzire. Eccezion fatta, e lo dico, per Febbraio (che invece detesto, povero, senza una reale ragione) e forse anche un po’ Marzo, via. Ma questa è un’altra storia. Settembre arriva in genere dopo un’estate torrida (quella appena trascorsa è un’eccezione), ed io non amo i mesi eccessivamente caldi se non sono destinata a trascorrerli a piè pari in riva al mare fino alla prima pioggia autunnale. Sicché li vivo sempre con una grande fatica, e approdo quindi nella caletta rassicurante che Settembre ha in dote con un sospiro di sollievo e un sorriso del tutto nuovo. Piena di mille propositi e di illuminanti intenzioni, mi accingo a fermare il tempo più che posso e a lasciare che sia eterno. Poco conta se poi (maldestra che non sono altro) arrivo sempre piuttosto insoddisfatta alla fine del mio cammino lungo le giornate autunnali/invernali per scoprire che non tutte le cose che avrei voluto realizzare hanno effettivamente preso vita. Devo (ancora) comprendere le regole del pazzo mondo che mi è capitato in sorte, trovare il coraggio per stravolgerne i meccanismi, accettare ciò che neppure il più raffinato dei cesellatori riuscirebbe a modellare a suo piacimento. E non dimenticare di sorridere. Pare niente, detto così. Per una come me (autocritica da fare rabbia, col senso di inadeguatezza che fa capolino ogni volta che tento di prendere una vaghissima iniziativa in qualsiasi ambito, con l’ugGiusytà a duemila e la pigrizia che SOLO LEI mi rincorre col Ferrari testarossa almeno tre volte al giorno) è un lavoro costante e continuo. È un lavoro, un lavoro non retribuito, per giunta (se non si tiene conto dell’emancipazione finale che dovrebbe attendermi). È un lavoro duro. È un lavoro sporco (etichettiamolo per bene) che, come si suol dire, qualcuno dovrà pur fare. E io, sempre per rimanere in vena di citazioni, sono stata nominata. Quindi mi tocca per forza. L’unica cosa che ho imparato a fare per bene è l’arte di sdrammatizzare ogni volta, che tanto se non sono stata brava a fare i compiti a casa, quantomeno occorre diventare eccellenti nello spiegarsi il perché. Ma di questo, eventualmente, dovrò tenerne conto tra un po’. Ora si parte davvero con tutte le intenzioni necessarie, nella speranza che una buona percentuale di quello che si farà, troverà una collocazione vera e sempre meno astratta nel tempo. E non ho intenzione di stilare nessuna classifica, che tanto io sarò pessima (come detto prima) nel seguirla alla lettera ma, piuttosto, cercherò ogni volta di aggiungere voci, cancellarne altre, spiegarne di nuove e tentare di fare bella figura con me stessa. Non anticiperò nulla non per segretezza o scaramanzia ma perché davvero mi troverei sinceramente un po’ noiosa a catalogare le mie intenzioni, soprattutto perché già so che le cambierei di continuo e che non potrei pretendere di mantenere alta l’attenzione di un lettore investito totalmente dai miei voli pindarici da ubriaca sconnessa e disorientata. No, non lo farò, potete tirare un sospiro di sollievo. Seppur ci sarà un importante proposito che sta per realizzarsi (e del quale, con alta probabilità, ne verrete presto informati), di tutto il resto non dirò parola alcuna. Semplicemente mantengo le mie aspettative ad un livello fattibile di realizzazione, e vivo tentando di fare bene più che posso. E se anche poco arriverà dallo sforzo spesso impegnativo al quale mi sottoporrò, beh, imparerò a non considerarlo mai così poco. In ogni impercettibile passo in avanti, si celano anteprime di cammini lunghi e ben fermi. Seppur a noi (a me, poi, che ve lo dico a fa’!) non sembri quasi mai così. E facendo una delle pratiche che più amo fare, quella cioè di riesumare vecchi autoscatti che non cancello (per pigrizia, il più delle volte, ma anche perché a me piace poi ritrovarmici a distanza di tempo), mi accorgo di quanto si compiano gesti inconsapevoli e inequivocabili che delineano poi in maniera netta le nostre precise intenzioni, mettendo in luce il moto vero e profondo che ci vive da dentro e ci indirizza. La foto in questione è di circa due anni e mezzo fa e ricordo perfettamente le sensazioni di quel preciso momento storico: sconforto, delusione, dolore. Attraversavo un attimo piuttosto controverso nella mia vita, tentavo di recuperare ciò che mi stava sfuggendo di mano ma alla fine, malgrado la fatica, mi ritrovavo ad arrancare e a sfoderare sorrisi che erano una vera e propria piaga di circostanza. Un casino, insomma. Il mio incarnato era del tutto compromesso, l’occhiaia era ormai una fraterna compagna di viaggio e il buttarmi nel Tevere era un’ipotesi lontanissima e impensabile per il solo (e unico) fatto che rimanere a lungo con i capelli bagnati mi avrebbe generato emicranie pazzesche che non augurerei al mio peggior nemico (ammesso ne abbia uno). Eppure a questa foto avevo assegnato un filtro, uno di una applicazione che tra l’altro oggi non ricordo neppure quale fosse. Ed è un filtro che mi ritrae variopinta, in nettissimo contrasto con quello che io conosco di quella tipa immortalata in quel preciso istante. È che io volevo assolutamente ritornare a vederli, quei colori, sapevo (pur non sapendolo in maniera conscia) che si trattava esclusivamente di un’ombra, di una nuvolaccia passeggera perniciosa, invadente, la peggiore che potesse sostare sul mio testone capelluto ma che il sole, prima o poi, avrebbe di nuovo ripreso a splendere (cosa che, per davvero, di lì a non molto accadde).

avolteritornano_nv_giusicelestini

 

 

E se ad un prima occhiata potrebbe sembrare il classico selfie piacionico con le labbrone in primo piano e il sottotesto ammiccante, a discolpa di un pensiero simile posso dire che ero sotto cortisone per una reazione che uno stick labbra probabilmente scaduto (o semplicemente scadente) aveva avuto su di me, facendomi vivere l’ebbrezza di sentirmi una Valeria Marini “de noantri” per una settimanella abbondante. Insomma, in quel periodo non mi ero fatta mancare proprio niente, c’è da dirlo! Eppure, anche se mi era sembrato di esser venuta meno a tutti i miei buoni propositi dell’epoca, nella realtà dei fatti ne stavo per realizzare uno da lì a breve, uno tra i più importanti (oltretutto).

Per la consapevolezza salda che siamo comunque diretti verso i nostri obiettivi e le nostre aspettative, pur seguendo percorsi alternativi e scorciatoie che spesso si rivelano essere i tragitti più lunghi e impervi, per tutta una serie di riflessioni personali, per quelle congiunzioni astrali avverse che sono state a volte alibi e a volte una vera e propria dannazione per me, quest’anno non avrò proposito alcuno per “i mesi con le erre” adorati. Piuttosto, non perderò di vista il fare bene, che tanto a fare male si spende lo stesso quantitativo di forze e di energie, per un ritorno di soddisfazione che è pari allo zero, però. Almeno per me.

 

 

PS: ci si incontrerà più avanti, saranno per me settimane di intensa preparazione e stress, le prossime. Ma abbiate un buonissimo Settembre e uno splendido inizio d’Ottobre, mi raccomando. ;)

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