Mamma facciamo un patto?

“Mamma facciamo un patto:

tu ora mi dai una caramella di papà ed io sarò più felice

di fare la brava tutto il giorno!”

Annamaria interno bagnetto 02 settembre 2013

Uno degli aspetti che più mi colpisce nel processo di crescita del bambino

è lo sviluppo del linguaggio:

osservarne le diverse fasi di sviluppo in Annamaria e Tommaso,

molto simili magari con tempistiche diverse,

per poi confermare quanto già osservato sul campo come educatrice al nido,

quanto conti il mondo adulto con cui si interfacciano

e quanto il loro linguaggio sia tinto del non verbale nostro.

è SEMPRE sorprendente per me riconoscere in loro

una postura,un gesto,un aggrottamento di sopracciglia

MIO, del babbo, dei nonni, degli amichetti:

Ekman nel 1972 classificò 44  diverse “unità di azione” ,

ossia possibili movimenti del viso umano, come strizzare gli occhi,

aggrottare la fronte e così via.

COSì come delle espressioni intere:

“facciamo un patto…se tu sei felice sono felice anch’io…

calmati Tommi…non si fa perché è pericoloso…

diventi marmellata se non guardi prima di attraversare…”

La conquista del linguaggio è un processo lungo che inizia ancor prima della nascita ed è strettamente legato alle caratteristiche del bambino, alle esperienze di vita, ed  alla relazione genitore-bambino.

Lo sviluppo del linguaggio è fortemente influenzato,oltre che da fattori innati ed organici,anche da fattori ambientali e dalle stimolazioni che si ricevono all’interno dello specifico contesto evolutivo.

Si ritiene, infatti, che la responsabilità delle sempre più diffuse difficoltà linguistiche,possa attribuirsi alla visione della televisione fin da piccolissimi, allo stress quotidiano, alla mancanza di tempo per la lettura di fiabe e il numero sempre maggiore dei figli unici.

E’ ipotizzabile che il modo con cui un bambino ha evoluto il suo primo linguaggio

possa avere profonde ripercussioni sul suo sviluppo futuro, sia a livello cognitivo,

sia nell’evoluzione di sentimenti di fiducia nelle proprie capacità e nella propria abilità di comunicare con gli altri.

Comunicazione deriva dal latino comunicationem,

che significa mettere in comune qualcosa, passare qualcosa da uno all’altro,

e QUINDI unire in comunità.

Nella radice latina vi è dunque un’idea di contatto materiale,

di trasferimento fisico,

insieme con quella di comunità di individui che condividono qualcosa.

Quindi ascoltiamo i nostri bambini ,

correggiamo le loro creative storpiature senza prenderli in giro e

leggiamo molto con loro e per loro,

diamo il ritmo lento veloce pausa nel raccontare una storia così immagazzineranno il ritmo delle conversazioni.

Anche il principio educativo di UN GIOCO ALLA VOLTA

interviene nel bambino come dinamica che favorisce lo sviluppo del linguaggio

che ha un inizio e una fine ma soprattutto  ha dei turni da rispettare.

Secondo uno scritto del 1980 di Canale e Swain

la competenza comunicativa consta di quattro componenti:

1. competenza grammaticale: parole e regole

2. competenza sociolinguistica: appropriatezza

3. competenza discorsiva: coesione e coerenza

4. competenza strategica: uso appropriato di comunicazioni strategiche ,

mi sembra che i due nani siano dotati di una competenza strategica notevole:

la ruffianeria del linguaggio l’ha già interiorizzata Tommaso

che quando fa il birbone mi guarda dritto negli occhi(contatto visivo)

e sorridendo mi dice “Tao Mamma”

mentre Annamaria la esercita all’ennesima potenza

me lo sento:farà l’attrice!

collageLING

Uno studio condotto da Mehrabian (1956) ha dimostrato che

ciò che viene percepito in un messaggio vocale può essere così suddiviso:

Movimenti del corpo (soprattutto espressioni facciali) 55%

Aspetto vocale (Volume, tono, ritmo) 38%

Aspetto verbale (parole) 7%

L’efficacia di un messaggio dipende  solo in minima parte dal significato letterale di ciò che viene detto,

è  il modo in cui questo messaggio viene percepito ad essere influenzato pesantemente dai fattori di comunicazione non verbale.

“Mamma mi fai la faccia bella?” significa che Annamaria intravede in me

una faccia diversa che lei chiama brutta

e non sa interpretarla:

sarà arrabbiata,stanca o solo concentrata?

Ecco scattare la mia responsabilità educativa di adulto:

il mio volto,il mio tono,i miei gesti…che cosa rimandano a mio figlio?

ma anche a mio marito?o al mio capo?

Paradossalmente anche il silenzio rappresenta

una forma di comunicazione nel sistema paralinguistico:

provate ad “ignorare” vostro figlio\a quando è in pieno sfogo di nervi

e fa le bizze

facendo silenzio…

attirerete subito la sua attenzione e la distoglierete dal suo fuoco interiore!

Potrebbe funzionare anche con vostro marito…

Almeno così si teorizza…

;-)!

 

 

 

 

 

 

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